Una polemica letteraria su Facebook

  • WhatsApp
  • Telegram
  • Reddit
  • LinkedIn

La dura critica che Roberto Pazzi ha scritto, in un post su Facebook, del romanzo di Bernardo Zannoni, I miei stupidi intenti, che ha vinto il Campiello, ha suscitato un vespaio. Forse perché viene da uno scrittore e non da un critico letterario. Il libro ha, infatti, già avuto critiche assai aspre. Ma queste critiche non hanno suscitato lo stesso clamore. Non ho letto il romanzo – e a dire il vero, da quel poco che lo strombazzamento mediatico fa capire del romanzo non mi viene voglia di leggerlo, ma non è detto – e dunque in ogni caso non entro nel merito del giudizio sul libro. Ma se posso, vorrei condurre il discorso su un livello più generale: su che cosa sia oggi la letteratura in Italia, e in fondo che cosa sia l’Italia di oggi, quale posto la cultura occupi tra la popolazione e tra chi detiene il governo del paese. Osservo, solo come premessa, che in Europa deteniamo il triste primato di essere il paese che investe di meno nell’istruzione e nella ricerca. E nell’istruzione e nella ricerca di un paese s’investe, non si danno sovvenzioni, elemosine. Il linguaggio è la spia di una teoria dell’intervento pubblico in Italia. Istruzione, ricerca non sono, per il potere politico italiano, un investimento per il futuro del paese, ma attività marginali che vanno aiutate, sovvenzionate. Si raccoglie ciò che si semina. Ma veniamo allo scritto di Roberto Pazzi. Mi sembra che non appaia nessuna acredine nel giudizio espresso sul libro di Zannoni, ma se mai un certo sconforto sulla mediocrità non già del romanzo, bensì, del romanzo in quanto modello della letteratura italiana in questo momento, o, meglio, della letteratura di cui si parla sui media. E se ne parla, perché suffragata dai premi letterari. Da anni i premi non additano un libro degno di essere ricordato. E da anni i libri più interessanti non sono italiani. Non perché manchino in Italia scrittori giovani di talento, ma perché quelli veramente di talento stentano a vedersi riconosciuti. O perché troppo originali o perché non scrivono di ciò che oggi interessa ai più. Non ricordo quale critico – tra i pochi che possano ancora chiamarsi critici letterari – abbia scritto tempo fa che i romanzi italiani di oggi sembrano scritti tutti dallo stesso scrittore: una prosa scialba, spenta, senza salti di fantasia, senza originalità, è adoperata la lingua parlata più banale, più corriva e quando si tenta di alzare il tono si cade in una prosa convenzionale da letteratura d’intrattenimento. Sarà un caso che tra i libri passatimi tra le mani in questi mesi, quasi nessuno degli italiani mi abbia attirato, e invece più di uno di quelli francesi, o di lingua spagnola o inglese mi abbia incuriosito e poi affrontata la lettura mi abbia colpito per l’elaborazione dello stile? Aira, Ono.dit-Biot, Miguel Ángel Henández, Percheron, tra questi. Nessuno, guarda caso, tradotto in italiano, naturalmente, tra gli ultimi usciti, non sia mai si facciano confronti. Mi limito a Percheron, perché ne ho scritto la recensione, proprio qui su Cyeano Factory, qualche giorno fa, ne do il link qui sotto.

Guardiamoci i faccia. L’Italia sta attraversando un momento di declino sociale, politico e soprattutto culturale. Non perché manchino talenti, ma perché i supposti talenti che si vogliono lanciare, non sono tali, sono infatti pedine di giochi editoriali. Giochi spesso provvisori e occasionali. Del resto ciò corrisponde a ciò che accade anche nel mondo del cinema. E nel teatro: registi e autori di valore hanno più spazio e successo fuori d’Italia che in Italia. Il nostro paese è entrato in un tunnel oscuro, di cui non vedo in fondo accendersi nessuna luce. Sembra quasi che la mediocrità sia incoraggiata, esaltata, sostenuta. E non solo nella letteratura. Nella politica va addirittura peggio. Allora prendiamo lo sfogo di Roberto Pazzi per quello che è, non certo la malignità di uno scrittore maturo per uno scrittore giovane – anzi, confessa egli stesso che era partito incuriosito e interessato – ma la constatazione di una situazione preoccupante di mancanza di criteri di giudizio. Forse c’è qualche parola sopra le righe. Ma uno scrittore, più del critico, è sconvolto quando si confronta con quella che vede e giudica mancanza di consapevolezza letteraria, assenza di volontà di scrittura. Non so se il disincanto corrisponda a ciò che ha letto, ma questa è la sensazione che vuole comunicare: che oggi si voglia spacciare per letteratura ciò che non lo è. E se avesse ragione? Oppure, mettiamo che abbia torto. Sarebbe il primo a stroncare un libro che non lo merita? Benedetto Croce ha stroncato, e ferocemente, Pascoli, Pirandello, Mallarmé. Diciamo tutto il moderno. Il suo modello restava Carducci. Su quelle stroncature la critica ci è ritornata, e le ha capovolte. Ma non per questo Croce è stato vilipeso, insultato. Ci si è limitati a confutarlo. Nessuno di coloro che rimproverano a Roberto Pazzi il suo giudizio si è preso la briga di argomentare una confutazione. Nel confronto, il lettore avrebbe saputo quale posizione fosse la più credibile. Ma c’è un altro punto. La lamentela che avanza Roberto Pazzi per l’assenza, oggi, sui periodici, di una critica letteraria che sia veramente tale, è sacrosanta. Solo che oggi è assente anche la critica musicale, la critica teatrale – quella che c’è è il fantasma di ciò che potrebbe essere – e in fondo è assente qualunque specie di critica, in ogni campo. Viviamo nella società del consenso, del like: guai a suggerire un dissenso per un oggetto ammirato, a manifestare un disgusto per qualcosa che ha il favore delle masse e, soprattutto, dei media. Se si dissente da chi non ammira, non elogia ciò che tutti ammirano e tutti elogiano, il linguaggio ordinario è l’insulto, l’oltraggio, non la confutazione, non il giudizio. La cultura, o quel che resta della cultura, oggi, in Italia, gioca al ribasso. In ogni settore. Se i migliori compositori, per esempio, scappano e vanno altrove è perché in Italia soffocano o sono rifiutati. Il discorso meriterebbe un più ampio approfondimento. Ho qui solo accennato ai problemi sui quali, giustamente, Roberto Pazzi vuole attirare l’attenzione del lettore e lancia perciò un grido d’allarme. Ecco il link della mia recensione a un abbozzo di romanzo di un giovane morto a 25 anni di tumore al cervello. Non so se sarebbe diventato un grande scrittore. Il talento è evidente. E in Francia è un caso letterario, e teatrale. Che l’abbiano pubblicato addirittura Les Belles Lettres vorrà pure dire qualcosa. Les Belles Lettres pubblicano edizioni critiche di classici greci e latini, da qualche tempo anche di classici delle letterature orientali. E ogni tanto qualche libro particolare, che apre uno sguardo sull’oggi. Quello che ha fatto Antoine Perheron , aveva. infatti, già chiaramente individuata la malattia del nostro tempo: l’estraneità al reale, l’essere sempre qualcosa d’altro rispetto a ciò che si dovrebbe essere: https://www.cyranofactory.com/vita-trasformazione-morte…/

- 17/09/2022

ISCRIZIONE ALLA NEWSLETTER

Subscribe

* indicates required
© Cyrano Factory è prodotto da Media Factory Adv. All rights reserved.
ACCEDI CONTATTI REGISTRATI AUTORI