In un 2019 alternativo negli Stati Uniti d’America donne e uomini dotati di poteri e capacità sovrumane sono una realtà. Baluardo contro la criminalità, questi supereroi e supereroine sono tutelati e rappresentati dalla multinazionale Vought-American, società che si occupa di gestire gli interessi di immagine pubblica e sociale dei loro affiliati. I più importanti eroi sono Patriota, Abisso, Queen Maeve, Translucent, Black Noir, A-Train e Starlight (questa ultima arrivata) i quali formano la squadra de I Sette. Eppure, dietro la facciata di onestà e coraggio, questi umani dotati di incredibili poteri, nascondono del marcio: ne è testimone Hughie (Jack Quaid), il quale vede la sua ragazza Robin venire, letteralmente, disintegrata da A-Train, l’uomo più veloce del mondo. Disperato e depresso, dopo non molto Hughie viene avvicinato da Billy Butcher (Karl Urban), un presunto agente federale che offre al ragazzo una possibilità di vendetta, ma non prima di aver riformato la squadra di suo ex colleghi, i Boys, team governativo con un unico scopo: punire i super per le loro malefatte.
Basata sull’omonimo fumetto di Garth Ennis e Darick Robertson, ideata da Erik Kripke (papà di Supernatural) e prodotta da Amazon Prime Video The Boys (2019 – ) è una di quelle serie tv che o si ama o si odia. Totale sdoganamento dell’immaginario collettivo dell’universo fumettistico (e multimediale) legato alle figure di eroi ed eroine senza macchia che seguono un preciso codice etico e morale (anche se, ormai, è da decenni che esistono icone antieroistiche e poco corrette par excellence), The Boys altro non è che l’acida (e geniale) decostruzione del mythos supereroistico. Partendo dalle basi della tradizione dei comics statunitensi, la serie ideata da Kripke, in un primo momento, sembra presentare il classico (e un po’ banale e prevedibile) pattern eterogeneo di figure il cui dono è quello di mettere i propri poteri e la loro forza al servizio del prossimo, del cittadino, delle potenziali vittime della più bieca delinquenza. Eppure, dietro un apparente e omologato incipit, dopo solo pochi minuti The Boys mostra la sua vera natura non convenzionale, il suo lato luciferino il cui unico compito è quello di far crollare la “mitologia” che sta a monte della sua stessa esistenza.
Difatti, sin dall’inizio e per tutti gli otto episodi che compongono questa prima stagione, non è di certo celato né tantomeno è impossibile non rendersi conto che The Boys ha saccheggiato – volutamente – la galassia narrativa della DC Comics creando, così, delle controparti che richiamano, alla mente e agli occhi, i volti più noti della factory di riferimento. Gli eroi o meglio gli anti “eroi” delle vicende di The Boys, in maniera parodistica ma non ridicola, hanno più vizi che virtù: votati all’alcol, al turpiloquio, alla violenza gratuita, al sesso depravato e malato nonché all’uso di una potente droga (e qui, per evitare spoiler, basta dire che proprio l’uso di una determinata sostanza è il MacGuffin dell’intera serie) questi super celano il marcio e la corruzione sotto i loro costumi di spandex e lustrini e – parimenti – dietro i sorrisi forzati di circostanza dettati dai loro supervisori.
Ebbene sì, in una realtà molto alternativa come quella di The Boys i supereroi sono vere e proprie star dei social network, rappresentanti di qualsivoglia tipo di merchandising o evento sociale grazie alla Vought che eleva i super a icone “messianiche e sante” da idolatrare e insabbiando, al tempo stesso, gli incidenti, gli omicidi e altri atti deplorevoli commessi dai loro protetti. E qui risiede il punto forte di The Boys ossia la riflessione critica sull’oramai classico potere dei media e dei suoi “eredi”, quei social network in cui tutto è condivisibile, tutto è fruibile e ogni cosa, perfino il ricorso alla più insensata e (in)giustificabile violenza trova motivo di esistere e di essere utilizzato/plasmato ad hoc per le legioni di fan/voyeur di questi “dei” e di queste “dee” dagli enormi poteri. Non a caso in una serie come The Boys che mescola satira socio antropologica, sci-fi e storie di vendetta, di certo non poteva mancare una elevata dose di iperviolenza brutale con impennate splatter e gore sì mitigate da un certo ricorso al black humour ma che, tuttavia, rimangono difficili da guardare per gli spettatori dallo stomaco debole. Amalgamando, lungo lo sviluppo della trama, situazioni politicamente scorrette e al limite del grottesco, un umorismo al vetriolo e scoppi di violenza The Boys riesce a essere una serie tv altamente innovativa e interessante, capace di fare tabula rasa di certi, recenti universi fumettistici e cinematografici e televisivi confermandosi, in questo modo, come un prodotto di alta caratura da non perdere e del quale, si spera, di vedere una seconda stagione al più presto.