Anni e anni fa una striscia dell’intramontabile Charles M. Schulz faceva dialogare Charlie Brown e Linus, il quale confessava all’amico di provare disagio e paura in una biblioteca. Charlie Brown cerca di confortarlo dicendogli che nel mondo tutti hanno un luogo in cui si sentono a disagio, si percepiscono “disadattati”. Linus, allora, chiede a Charlie Brown quale sia il luogo in cui lui si sente disadattato. Charlie Brown risponde subito, e secco dice: “Il mondo”.
Ecco. In un’epoca in cui quasi tutti, chi più o chi meno, si sentono a disagio su questo pianeta, come scrivere poesia di questo disagio? Credo che Adorno avesse torto quando affermava che dopo Auschwitz non si può più fare poesia, scrivere letteratura (ma e i suoi saggi, allora, che cos’erano?). Di fatti si è continuato a scrivere poesia. Paul Celan, Alejandra Pizarnik e Ida Vitale (che quest’anno compie 100 anni e ha pubblicato cinque anni fa la sua ultima – per ora – raccolta d versi), tra altri, stanno a dimostrare che è possibile. Di Nachzustotternde Welt, / Bei der ich zu Gast / Gewesen sein werde, ein Name, / Herabgeschwitzt von der Mauer, / an der eine Wunde hochleckt. Il mondo da balbettare, / in cui io come ospite / avrò soggiornato, un nome, / trasudato giù dal muro, / che lecca una ferita (Celan). Alguien mide sollozando / la extensión del alba. / Alguien apuñala la almohada / en busca de su imposible / lugar de reposo (Pizarnik). Como no estás a salvo de nada, intenta ser tú mismo la salvación de algo. Poiché non sei salvato da niente, cerca tu di essere la salvezza di qualcosa (Vitale).
Si parva licet, mi aggiungo alla lista. Nessun giorno come questo in apparenza frivolo, ma in realtà catastrofico 1 maggio mi pare più adatto al flebile sussurro di questo – come tanti altri – inutile lamento, inascoltato suggerimento di rivolta.
IL MONDO DI OGGI
Il mondo di oggi sembra ormai sedotto dalla menzogna, anzi contaminato da cupidigia di potere, una brama esacerbata di sopraffazione del forte sul più debole, una voglia di umiliazione del nemico, smania di estinguerne il respiro, di annientarlo, che scompaia per sempre il suo ricordo, e lasciare un deserto ovunque spiri il sospiro di un no, dove il diverso si rifiuti di farsi omologare: il pianeta attuale che chiassoso rotola intorno al sole tra pianeti silenziosi, l’inferno che crediamo paradiso, dominio di sapientes, è un io che ignora altri pronomi, scarto ruotante in spazi di materia oscura, la materia che ignora e gli somiglia, è un insaziato mondo di furenti proprietari di popoli ubbidienti, che ignorando il vigore del sapere, ne sono intimoriti, sopraffatti dalla paura di ubbidire, come sarebbe giusto, al giusto che pareggia le distanze, che assolve i vinti, accoglie chi è spaventato, chi è perseguitato, perdona chi ha sbagliato, impone pace dove uccide il furore della guerra; il mondo di oggi, invece, sembra fatto da una ciurma di gente tumultuante, balbettante, ululante, vagolante invano per pianure e per foreste, ma paga tuttavia dell’illusione di valere qualcosa più degli altri perché pensa che il numero fa forza.
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