L’Odissea esplode di canti, grida, suoni, lamenti di guerrieri che cadono, fragore di battaglie, condanne di Dei, venti, fiamme, preghiere, pianti. Tra tutto ciò si muove Ulisse, deciso a vivere la sua vita fino in fondo.
Ulisse è per noi la metafora della conoscenza. Conquista, inganna, distrugge, vince, perde, viaggia, sfugge, resiste, costruisce la propria storia… “finge” di cercare la via del ritorno, in realtà vuole girare il mondo, non ha nessuna voglia di tornare a casa, alla sua isola, alla sua famiglia, alle sue responsabilità, ma poi finisce per cercarla davvero, la via del ritorno.
Penelope è, dopo aver conosciuto e sperimentato ogni genere di avventura e di pericolo, la meta a cui aspira per averla realmente compresa solo standole lontano. Penelope è più di Circe, più di Nausicaa, di Calipso, delle regine, più di qualsiasi altra donna, forse persino più delle stesse divinità cui Ulisse sembra aspirare per trovare pace, o guerra, o qualsiasi cosa cerchi.
In verità Penelope “è” l’Odissea: tesse la tela, la trama, crea il punto di partenza e di arrivo che rendono necessario il viaggio di Ulisse, che alla fine appare come un desiderio sempre meno inconscio di ritorno, a Itaca, da lei. Al punto che il viaggio stesso può apparire ingannevolmente superfluo: se alla fine Ulisse torna al punto di partenza, senza più flotta, equipaggio, ricchezze, bottino, donne, a cosa è servito tutto quel “vivere”?
Ulisse non sfugge al richiamo di Penelope, dopo aver vinto quello delle sirene.
Ulisse l’astuto, il razionale, che si muove nel mondo e lo conquista, lo sfida, lo vince con l’intelligenza e la forza intrusiva, cede al richiamo di Penelope, che sa prendere e governare il tempo, la casa, la soglia, il fuoco, la stabilità, l’equilibrio.
Penelope “resta” mentre Ulisse “viaggia”; è lei che governa la sua isola al posto suo, mentre lui vive fuori, nel tempo e nello spazio; aspetta con pazienza che il destino si compia, mentre Ulisse è irruenza e impazienza, e pretende di (crede di) essere artefice del suo destino; lei accoglie, lui si introduce e invade con l’inganno.
Ulisse infine perderà il controllo delle sue azioni nella carneficina domestica che scatenerà per cacciare i pretendenti di Penelope, quei “nemici interiori” che, nel corso del viaggio, non aveva sconfitto e non aveva neppure seminato. Erano tutti lì, ad attenderlo.
Ulisse combatte. Penelope vince.