A Camigliatello in Calabria, il 29 e 30 agosto 2020, va in scena la prima edizione del Sila Film Festival, kermesse dedicata al cinema internazionale. Un’occasione in cui il pubblico potrà incontrare i principali protagonisti del panorama cinematografico attuale. Dopo l’inaugurazione, prevista per venerdì 28 agosto nella Casa del Forestiero a Camigliatello, il Sila Film Festival comincerà ufficialmente il giorno successivo alle 17, nella medesima location e con la masterclass del celebre attore Walter Lippa. Una giornata che proseguirà poi, nell’anfiteatro di Camigliatello in Via Roma, con la proiezione di 100 minuti di cortometraggi, alcuni dei quali verranno poi premiati.
Nell’anfiteatro, il pubblico, potrà dunque rivolgere delle domande agli attori di “Gomorra La serie” e del film “Ultras”, tra cui spiccano Walter Lippa, Carmine Monaco, Daniele Vicorito e Simone Borrelli. Ad impreziosire la lista degli ospiti, si è aggiunto anche il regista Christian Marazzitti, che al Festival del Cinema di Venezia presenterà la sua nuova web serie scritta al fine di sensibilizzare sul tema delicato del tumore al polmone.
Un festival, di cui abbiamo parlato con il direttore artistico Ivan Orrico, che si concluderà domenica 30 agosto con la proiezione del film “Aspromonte” e con l’incontro tra il pubblico e suoi protagonisti: gli attori Francesco Colella e Marcello Fonte ed il regista Mimmo Calopresti.
Salve signor Orrico, com’è nata questa idea del Sila Film Festival?
“E’ una start up di un festival del cinema internazionale. Quest’anno abbiamo voluto premiare in primis il cinema calabrese, grazie al film Aspromonte – La Terra degli Ultimi, fatto da un regista calabrese, Mimmo Calopresti, con gran parte del cast che proviene da questa regione: tra i tanti, ci sono infatti Francesco Colella, Elisabetta Gregoraci e Marcello Fonte. Comunque sia, il Sila Film Festival nasce all’interno di un progetto itinerante, che è il Megale Hellas, che rimanda al nome greco del latino Magna Graecia”.
Quindi il festival si sposterà in altre parti d’Italia?
“Il progetto, il Megale Hellas, si sposterà d’altre parti d’Italia. La Magna Graecia non è altro che il nostro sud: la Calabria, la Puglia e così via. Il Sila Film Festival nasce però a Camigliatello e rimarrà a Camigliatello, dove in questi ultimi anni sono stati girati vari film, compresa Trust – La Serie. Il cinema, negli ultimi tempi, non ha avuto luogo soltanto a Cinecittà, bensì in diverse parti d’Italia. Può essere un modo per valorizzare i vari territori che, grazie all’industria cinematografica, potrebbero impegnare anche gli altri settori. Creare una sinergia tra gli stessi”.
Bene, entriamo dunque meglio nei dettagli del Sila Film Festival…
“E’ principalmente una rassegna cinematografica internazionale. Avremo con noi tanti ospiti. Incontreremo, ad esempio, gli attori di Gomorra – La Serie, che sono Carmine Monaco e Walter Lippa, quest’ultimo di recente anche nel cast di Un Posto al Sole. Walter è un attore molto bravo, farà anche delle masterclass di recitazione nei giorni del Festival. Il nostro intento è quello di creare un legame e un dialogo con il pubblico. La gente deve conoscere il cinema in tutte le sue sfaccettature, capire cosa sta dietro ad un’industria così importante”.
Sì, anche perché spesso si sottovaluta tutto quello che c’è dietro un film, la sua macchina organizzativa.
“Esattamente. Non tutti sanno che in un film lavorano centinaia di persone. Vogliamo mettere il pubblico a conoscenza anche di questo, fare incontri con attori e registi in modo tale che i partecipanti possano fare domande su questa ‘fabbrica del sogno’, come la definisco io. Da un’intenzione, che è quella di uno sceneggiatore, si attivano delle professionalità, dei talenti, fino ad arrivare alle figure che compongono una produzione. In fin dei conti, la gente di solito vede un prodotto finito, quando si tratta di un film, e non conosce il valore di un macchinista, di un’elettricista, di uno stuntman. Anche le figure in secondo piano sono fondamentali in questo settore. Aspetti che forse si danno per scontati, come la creazione di una colonna sonora, ma che non lo sono affatto. Il concetto è dunque quello di far superare questo limite, anche dare dei consigli a chi si affaccia al mondo dei casting, per chi magari volesse fare l’attore. Dare un imprinting, spiegare come si affrontano i provini. C’è tutto un modo dietro che non si conosce fino in fondo nemmeno se si fa una scuola di recitazione. Bisogna preparare i ragazzi”.
Mi sembra una finalità molto nobile quella che si prepone il Festival.
“Io fondamentalmente sono il direttore artistico del Sila Film Festival, ma sono anche un produttore, uno sceneggiatore e un attore. Una cosa non esclude l’atra. Con questi progetti, scopriamo dei talenti e li immettiamo nel mondo lavorativo. La rassegna non nasce solo per fare scena; noi siamo tecnici, il nostro staff è fatto di persone che fanno cinema tutti i giorni dell’anno, 24 ore su 24. Questo è fondamentale, anche rispetto a quello che c’è in giro, dove sostanzialmente manca il collegamento tra il teorico e il pratico”.
Questa rassegna è anche un modo per dare un segnale di ripresa dopo l’emergenza Coronavirus. Come l’ha vissuta?
“In maniera veramente drammatica. Perché io e i miei colleghi siamo stati quelli non considerati. L’ho trovato decisamente ingiusto, perché è stata la nostra industria a tenere compagnia a milioni e milioni di persone nel mondo. Le persone sono dovute stare in casa per mesi. Cosa avrebbero fatto se non ci fossero state le varie piattaforme ad intrattenerle? Eppure, non abbiamo avuto né riconoscimento dal punto di vista pratico, né da quello morale. Penso dunque che il Festival entri in scena come un raggio di sole in un momento drammatico dove abbiamo bisogno di sfoggiare i nostri colori, la nostra appartenenza. Noi italiani ci siamo sempre contraddistinti non solo per le bellezze dei nostri posti, ma anche per la resilienza. L’Italia e la mia Calabria sono state un modello da seguire in questa pandemia. E anche la mia categoria, da penalizzata, ha saputo trovare la forza di ricominciare, di prendere spunto da quello che ha vissuto per trovare nuove storie con cui allietare il pubblico”.
E’ difficile mettere su un Festival del genere partendo da zero?
“C’è tanto lavoro, ma per chi lo fa come noi e ci mette la passione niente è difficilissimo. Diciamo che le difficoltà ci sono state, anche perché abbiamo dovuto seguire tutti i protocolli in materia di Covid19. Lo sforzo si è quindi raddoppiato. Seppur faticoso, per noi è sempre piacevole. E’ la nostra ragione di vita. Il progetto del Sila Film Festival è nato un po’ di anni fa; poi con il sopraggiungere di altri impegni lavorativi è stato rimandato. La situazione drammatica di quest’anno, che ha rallentato l’industria cinematografica, ci ha permesso di iniziare. Avere meno lavoro ci ha dato più libertà di muoverci, di impegnarci. Forse non tutti i mali vengono per nuocere, dopotutto”.
Per quanto riguarda il pubblico, come vi siete organizzati? La manifestazione è aperta a tutti?
“Sì, tenendo conto ovviamente delle norme del Covid; gli ingressi vengono controllati. Non possiamo dare un accesso per come avremo voluto darlo, ma quest’anno è andata così. Speriamo di poterci rifare nelle prossime edizioni”.
Entrando ancora più tecnicamente nel Sila Film Festival, il 29 agosto verrà proiettata una rassegna di 100 minuti di cortometraggi. In base a quale criterio sono stati scelti?
“Abbiamo avviato una collaborazione con il Prato Film Festival e il Sa.Fi.Ter, che è il festival internazionale del cortometraggio. Quest’ultimo ha dunque fatto una selezione dei cortometraggi, anche per una questione di tempi. Inizialmente, avevamo previsto cinque giornate per il Sila, che poi abbiamo dovuto ridurre a causa dell’emergenza. In quel caso, avremmo avuto più spazio per i corti. Le tematiche che gli stessi affrontano sono di tipo sociale; servono a dare agli spettatori, sempre più assorbiti dalla frenesia di questo mondo, un’occasione di riflessione. Tra gli ospiti avremo infatti anche Christian Marazziti, che ha creato la web serie In Famiglia all’improvviso, che porterà a Venezia. Ha una trama molto intensa, che parla del tumore ai polmoni. Vogliamo, con questa modalità, fare incontrare nuovi talenti con registi e attori già affermati. Bisogna creare, incontrarsi. Con queste connessioni, secondo me, si riattiva un meccanismo tale per cui si va anche a rompere uno schema. Tutti hanno diritto a potersi esprimere”.
E’ complicato essere direttore artistico di un tale progetto?
“Oltre che direttore artistico, mi considero un mediatore sociale. Metto insieme i vari elementi, contatti e talenti. Per me è fondamentale creare delle joint venture. Ho creduto sempre in questo, nella collaborazione, nella cooperazione. Bisogna lavorare insieme per fare tanti bei progetti. Non credo nelle gelosie e nelle rivalità nel mio settore, che purtroppo ci sono. Le definisco limitanti e autodistruttive. Ti tarpano le ali e fanno sfumare belle occasioni che non è detto che si ripresentino”.
Vedo che è molto attento alle esigenze dei giovani artisti. Posso chiederle come mai?
“Prima di fare questo lavoro, ho fatto per anni il modello, con tanto di trafila nella moda milanese, con agenzie importanti. Ho visto dunque quello che c’è dietro, in primis il sacrificio. Faccio parte di quella classe di modelli che, non avendo il telefonino con il navigatore, girava a Milano con la cartina in mano. Per fare il modello, l’attore, l’artista in generale, dovevi essere disposto anche a fare dei sacrifici, mentre oggi vedo che tutto è diventato una moda, dove ognuno pensa di poter fare qualsiasi cosa con il minimo sforzo, anche se non è così. Io per primo ho avuto tante porte in faccia dettate da quello che, adesso, voglio combattere: gli schemi. Arginare quelle vecchie regole che secondo me sono sbagliate e limitanti. Bisogna dare la possibilità a tutti di fare l’attore o il modello. Anche a chi magari non ha una rosea condizione economica che gli permetterebbe di frequentare una scuola rinomata. Penso che noi artisti, sulla scia delle nostre esperienze, siamo chiamati ad aiutare, a scoprire, ad incentivare chi merita di fare il nostro lavoro. Le scuole di recitazione, pur essendo importanti, non è detto che siano l’unica strada percorribile: il talento ce l’hai o non ce l’hai, lo studio ti aiuta, ma ci sono persone che sono in grado di affrontare questo mestiere diversamente. Il mio intento principale è quello di scoprire questo, dare a tutti i meritevoli l’occasione per emergere. Il cinema vende un sogno, ma non bisogna sognare. E’ necessario essere pratici, fornire i giusti mezzi per arrivare”.