Miki è una trentenne giapponese che ha deciso di vivere a Ōoka-mura con i suoi familiari per aiutarli nella gestione di un piccolo B & B, il Big Hill, appartenente alla famiglia Ōhira. Alle spalle ha una storia personale molto particolare : quand’era neonata è, infatti, stata trovata “su una spiaggia, tra le alghe” wakame da Toshiko, sua madre adottiva, sterile dopo essersi ammalata di cancro. La ragazza è diventata a pieno titolo membro di una famiglia sui generis di artisti, artigiani e sognatori composta da padre, madre, nonno e zio materni, condividendone appieno l’impronta e portando avanti l’impresa di famiglia per gratitudine ma anche per passione. In certo qual senso andando controcorrente e scegliendo di continuare a vivere in un piccolo villaggio a differenza dei tanti giovani che lo hanno abbandonato per andare altrove a cercare fortuna maggiore. Un atteggiamento singolare che a un certo punto si trova a condividere con Nomura, suo amico di vecchia data, che dopo la perdita di sua moglie dovuta a una lunga malattia decide di tornare nella sua città di origine acquistando un edificio per nomea popolare maledetto, abitato nel passato da una donna misteriosa dall’aria sinistra e luogo di diversi eventi tragici che il prosieguo della narrazione svelerà poco per volta. Nomura-kun riallaccia i vecchi legami amichevoli con Miki-chan e si pone come elemento riequilibratore di tutti gli abitanti di Big Hill, il B & B in stile inglese fondato dal nonno di Miki sulla scia dei ricordi di gioventù di quest’ultimo del periodo lavorativo (ma anche di crescita personale) trascorso nel Regno Unito a Glastonbury. Nomura, infatti, decide di lasciare San Francisco e tutto ciò che per lui la città americana rappresentava ripromettendosi di radere al suolo la casa stregata per trasformarla in una abitazione di diversa consistenza, rivitalizzandone i dintorni, Big Hill incluso, e contribuendo ad allontanare tutte quelle energie negative che avvolgevano in una cappa pesante il quartiere e l’animo dei suoi abitanti. La narrazione continua attraverso numerosi episodi di tipo onirico riportati da Miki e dalle persone che fanno parte del suo entourage familiare che hanno anche il compito di sciogliere nodi narrativi portando il lettore alla comprensione di eventi solo apparentemente minori ma funzionali all’epifania finale della storia. Nella postfazione che chiude il romanzo Banana Yoshimoto lo definisce “il più triste” di quelli da lei scritti. Ma la tristezza da lei evocata è di sicuro funzionale tanto a trama quanto a intreccio della storia, coerente al messaggio che arriva al lettore e che l’autrice stessa già nelle prime pagine con assoluta franchezza palesa in una frase del nonno, “il maestro di Ōoka-mura”, anima del B & B e figura di spicco e mentore della comunità: “La vita dovrebbe somigliare a un sonnellino su un letto di fiori. Il tuo pregio maggiore, Miki, è che conosci il valore della felicità (…). Vivi come in estasi distesa sul letto di fiori. Certo la vita è difficile, dura, piena di sofferenze. Ma si deve vivere come su un letto di fiori, qualsiasi cosa ci dicano gli altri, anche se non dovessero comprendere (…).” Una saggezza spicciola fatta di piccole gocce di positività e leggerezza (che non va mai confusa con la superficialità) che rendono passabili anche le cose più importanti della nostra vita che, forse, talvolta sono quelle più appesantite da zavorre esistenziali imposte dall’esterno o autoimposte.
Lucia Guida
Banana Yoshimoto, Su un letto di fiori, ISBN 9788807034589, € 14,00