“Mi piace la casa
con il profumo del vino bollito
e delle arance e dove le cose
invecchiano insieme al cappotto,
alle passeggiate corte
prima di notte e alla tortura
degli occhi sulle polaroid
messe di taglio nel vetro
dello stipo, tra i santini
e le cose da ricordare”.
Sono queste le tematiche affrontate nell’ultima silloge poetica del professor Vito Moretti, “Le cose”, edita dalla casa editrice Tabula Fati dell’editore Marco Solfanelli.
Vito Moretti, docente universitario, scrittore e poeta in lingua e in dialetto, attivo anche nel campo della saggistica e responsabile di alcune collane editoriali, l’anno prossimo festeggerà cinquant’anni di carriera letteraria, vissuti all’insegna della bellezza, che per il professor Moretti rappresenta una sorta di “risarcimento all’uomo per i danni della storia”.
“Ogni cosa, tutto
mi pare perfetto,
il nespolo che resiste
al gelo, la collina
che cala nel suo buio,
il fuoco che arde per me
e per il cane, la via
che si è fatta deserta.
Anche il vetro è uno spolvero
d’umido che lascia lontane
le ore, e la casa è
la memoria che vi abita,
le pietre di una torre
cresciuta fino al cielo”.
La silloge “Le cose” è densa di contenuti, percorsa da un velo di melanconia, ma sincera e altamente espressiva.
“La mia voce ha mani
e ricordi e piccoli passi
che vengono ai tuoi riccioli
neri. Ho comprato per te
il miele da donarti,
le cose e i frutti che sono pari
al mio amore, la luce
che possa farti strada
fino alle mie braccia,
al mio cuore che ti aspetta,
alla casa dove il giorno
e la notte sono cose
soltanto nostre, un pensiero
di labbra e tenerezze”.
Molto toccante la lirica dedicata al suo paese natio, San Vito, in cui ci sono i ricordi dei colori, degli odori in una nostalgia tenera e malinconica.
“Paese, mia scheggia
nel ritaglio delle persiane,
sbadiglio nel breve sorriso
della luna. Paese di cose e parole
al guadagno dei passi lunghi
e dei rovesci. Paese di fragile velina,
di sere migrate
negli spiccioli per l’oste,
cantilena al soffio dei venti
e delle risacche. Paese
dei fazzoletti al collo
e delle briciole lasciate al gatto
e alle rondini, di scrosci
in via Ciampagnolo e di formiche
sul gradino di casa, di baci
nell’ingombro dei ricordi
e dei saluti. Paese scavato nel pugno,
come un ramo sbucciato,
come un’ombra che svanisce
nella luce fioca dei cespugli:
granello lento di clessidra
al solletico delle ore, un alibi
al velo sgualcito del tempo
e delle cose”.
È straziante la lirica finale dedicata al padre carica di passione, dolore e tenerezza infinita.
“Un dolore, padre, un dolore,
mi ha lasciato questa lunga vacanza
che non so dire se di abbandoni
o di vuote profezie. La corsa
termina sempre dove tu
indicavi, al paragone dell’acqua
e del fuoco, al rosso delle pareti
e delle scelte. Il mio destino
è che non posso voltarti le spalle,
che tutto è il mondo, il prima
delle cose e delle forme, se ancora
mi intendi, e che noi siamo solo la fretta
dei compleanni ormai, la grinza
sulla tovaglia delle domeniche”.
Il 7 ottobre 2017 ho assistito alla prima presentazione della silloge “Le cose”: presso la Sala Figlia di Iorio della Provincia di Pescara ho conosciuto, oltre al Vito Moretti poeta e docente universitario, un uomo di grande spessore umano e di forte espressività.