“La isla mínima”: nessun luogo è veramente scevro dalla forza del male

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Vincitore di ben dieci Premi Goya La isla mínima è un diretto prodotto ispirato dal fenomeno True Detective. Se siete in cerca di una valida alternativa al serial di Pizzolatto, ecco un modo per (ri)scoprire il film di Alberto Rodríguez

Spagna, inizio anni Ottanta. In un villaggio del profondo sud rurale scompaiono misteriosamente due ragazze, sorelle di sedici e diciassette anni. Da Madrid sono inviati due detective, Pedro Suarez (Raúl Arévalo) e Juan Robles (Javier Gutiérrez Álvarez) con il compito di indagare sul caso. Ben presto quella che, apparentemente, sembra una fuga volontaria, si trasforma in qualcosa di più tragico: entrambe le ragazze sono rinvenute morte, brutalmente torturate e orribilmente mutilate. A complicare ancora di più le indagini è la scoperta che, tempo prima, altre donne sono scomparse e presumibilmente uccise. La pista di un serial killer inizia a prendere prepotentemente forma e i due poliziotti, totalmente differenti per carattere e metodi, devono unire le forze per riuscire a portare a galla la verità.

Negli ultimi anni si è assistito alla progressiva (e massiccia) produzione di serie tv che, sia per l’evoluzione dei mezzi sia per la migrazione degli attori cinematografici verso i più piccoli (ma non per questo meno importanti) lidi televisivi, riescono a tenere testa alla macchina cinema, a quella Settima arte difficile da replicare al di fuori della sala di proiezione. Ma cosa succede quando, parimenti, il processo è invertito facendo in modo che, per una volta, sia un film ad ispirarsi a uno dei serial più apprezzati dell’ultima decade? Esempio di tale procedimento è La isla mínima (id., 2014) diretto da Alberto Rodríguez.

Thriller che si incrocia con il poliziesco vecchia scuola La isla mínima non misconosce, fin dalle battute iniziali, quella che è la sua diretta fonte di ispirazione ovvero la prima stagione di True Detective (id., 2014), serie antologica che ha in parte (ri)scritto le coordinate della serialità televisiva, portando dietro di sé una ventata di innovazione. Così come True Detective anche il film di Rodríguez offre, de facto, tutti gli ingredienti che hanno fatto grande la creatura di Nic Pizzolatto: a partire dalla coppia di poliziotti, uno più pacato e raziocinante, l’altro dal passato oscuro e con una forte propensione ai metodi poco ortodossi i quali, spesso, si ritrovano a dover impersonare lo sbirro buono e lo sbirro cattivo pur di riuscire a procedere con il corso delle indagini, la figura dell’assassino, serial killer sfuggente, senza volto e che risponde a qualche arcana e oscura logica e, infine, le ambientazioni, pilastro portante di La isla mínima. Messe da parte le cupe e umide paludi della Louisiana e il bayou in cui si muovono il Rust Cohle di Matthew McConaughey e il Marty Hart di Woody Harrelson in True Detective, il film di Rodríguez prende forma, si dipana fin dai titoli di testa tra location assolate e bucoliche, quasi dimenticate dall’uomo, dal progresso e dal tempo stesso, luoghi apparentemente idilliaci nella loro immobilità che – ciononostante – dietro tale facciata nascondono una società marcia e corrotta. Nel dipanamento delle vicende di La isla mínima sembra quasi di assistere, lentamente, a un ritorno dell’uomo alla Madre Terra, a quei posti originari e di ancestrale memoria capaci, in un batter di ciglia, di inghiottire chiunque.

In questo il sesto lungometraggio del regista spagnolo riesce alla perfezione a creare un crescendo di tensione (quasi) palpabile: merito di una fotografia abbacinante, di una colonna sonora che non cala mai di ritmo e di una regia sviluppata in orizzontale e verticale grazie all’uso di numerosi dolly dall’alto, panoramiche e campi lunghi La isla mínima trasmette allo spettatore quel senso di perturbante freudiano che viene a coincidere con il forte senso di straniamento che si insinua nella coppia di detective protagonisti. In una Andalusia divisa tra credenze popolari, misticismo e religione Pedro e Juan si trasformano nei diretti testimoni di un “mondo altro” cristallizzato e brutalizzato dalla follia dell’uomo; un mondo in cui sia Juan sia Pedro sono costretti a fare i conti con i propri fantasmi interiori e con gli echi della dittatura franchista terminata da qualche anno. Tra scene che riportano alla mente David Lynch, sprazzi di onirismo e riferimenti a una simbologia che si mescola tra il sinistro e la cristianità, La isla mínima lascia anche spazio a location ben più cupe, claustrofobiche e acquatiche, in netto contrasto con la perenne illuminazione diurna e calda della Spagna del sud. Ed è proprio l’acqua, uno dei quattro elementi naturali, ad essere onnipresente in La isla mínima: fiumi, acquitrini e paludi diventano la forza par excellence che prende e restituisce, che mette a tacere tutto oppure, come nella sequenza finale che si svolge sotto una pioggia torrenziale, diventa metafora di un lavacro capace, in qualche modo, di cancellare i peccati dell’uomo.

Ottimo thriller diretto con piglio sicuro e con una perfetta coppia di attori protagonisti, La isla mínima è l’egregio contraltare ispanico di True Detective, un “fratello maggiore” che, al pari del prodotto di Pizzolatto, è capace di di(mostrare) come anche nella più remota realtà quotidiana nessun luogo è veramente scevro dalla forza del male.

- 26/12/2017

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