Chi conosce Napoli, sa quanto questa sia tra le poche città al mondo capaci di portarsi dietro i ricordi, le testimonianze e il fardello delle decine di città diverse che si sono succedute nei secoli, così strettamente avvinte l’una all’altra da farti sentire ancora viva, tra le sue strade, tra la gente e nella sua lingua, la presenza dei suoi fondatori greci e di tutti i vari conquistatori, dominatori e ospiti del momento: romani, bizantini, normanni, svevi, angioini, aragonesi, spagnoli, austriaci, francesi, inglesi, piemontesi, italiani, alcuni dei quali hanno finito per sentirsi e definirsi “napoletani”, altri no e si sono attenuti al ruolo di saccheggiatori.
La “Napoli sospesa” di Maurizio de Giovanni, questa Napoli degli anni Trenta che conserva quasi intatti i modi aristocratici, l’educazione, la cultura e il ricordo dei fasti di quella capitale ricca e invidiatissima di un Regno, qual era stata, insieme all’arrogante vitalità e l’insopportabile miseria della sua plebe – “questa” Napoli è, tra quelle del passato, una delle più vive e presenti nel cuore dei suoi tantissimi lettori e in quello di chi tra noi vuole bene a questa città, e aleggia sui nostri desideri come una sorta di Gerusalemme celeste che vorremmo scendesse tra noi.
Chi ama il commissario Ricciardi, passeggia per la città contemporanea e sente – e “vede”, come Ricciardi vede le anime dei morti che gli confidano i loro ultimi pensieri – quella Napoli sospesa nel tempo che rivive al suo fianco con la sua toponomastica, la sua superba architettura, le sue colline ancora non devastate dalle speculazioni edilizie post belliche, i suoi contrasti, le sue miserie e i suoi splendori. Una città che si spopolava, da cui, già dopo i primi decenni di “amministrazione” sabauda, si emigrava per la fame e la miseria verso le Americhe, senza più lacrime; una città capace di farsi amare e odiare, e di essere infedele ai suoi amanti come poche altre.
“In fondo al tuo cuore” è, infatti, il romanzo dell’infedeltà, vera o presunta, che distrugge le sicurezze dei suoi protagonisti, che trasforma in un inferno le loro vite e li spinge a mostrare il lato oscuro delle loro anime. Un inferno rappresentato dal caldo torrido di un luglio nel quale fervono i preparativi di una delle feste più amate di Napoli: «[…] c’era il Carmine, quella settimana. C’era la festa, la festa dell’estate e del caldo, la festa della Madonna Bruna e delle grazie chieste e ricevute, la festa delle danze in piazza e dell’incendio del Campanile». Tra cielo e inferno, come sempre.
L’impatto al suolo di uno dei più noti professori della Regia Università, dopo un lungo, rapido volo dalla finestra del suo ufficio posto all’ultimo piano, apre per il commissario Ricciardi e il brigadiere Maione un’indagine a ritroso nel tempo, che li spingerà nel cuore di quei sentimenti e di quelle passioni invincibili che spingono gli amanti a promettere e a giurare cose che non sempre possono mantenere. Un’indagine sul tradimento, sull’amore e sulle promesse mancate, basata su un unico indizio, che si accompagnerà a dubbi e incertezze che sconvolgeranno anche le loro stesse anime, messi di fronte a situazioni ineludibili dalle donne della loro vita: Enrica, stanca di aspettare, vuole, anzi, pretende di essere felice, e parte alla ricerca almeno di una distanza da Ricciardi, la bellissima e aristocratica Livia tenta il tutto per tutto per conquistare l’uomo che ama, mentre Maione viene messo a dura prova da una feroce gelosia nei confronti di sua moglie Lucia.
“In fondo al tuo cuore” è anche il romanzo dei contrasti più accesi: luminari delle professioni senza un briciolo d’onore e malviventi capaci di amare la propria donna oltre la morte; donne borghesi incapaci di amare altro all’infuori del proprio interesse e prostitute disposte a tutto per amore del proprio uomo; quartieri malfamati dove tutto può accadere in qualsiasi momento e interni borghesi solo apparentemente tranquilli, mentre su tutto aleggia la musica di una delle più belle canzoni mai scritte, quelle che solo da Napoli si propagavano in tutto il mondo correndo rapide sui bastimenti… e lo spirito del professore che continua a ripetere, ma solo a Ricciardi: «Sisinella e l’amore… l’amore e Sisinella…»
È ormai chiaro che il talento internazionalmente riconosciuto di Maurizio de Giovanni va molto al di là del giallo e della sua ottima scrittura noir. De Giovanni è uno di quei rarissimi scrittori capaci di usare generi apparentemente “facili” come il giallo e il noir per raccontare delle splendide storie, per farci perdere negli arabeschi dei suoi intrecci narrativi, per dipingere impressionanti affreschi di umanità, capaci di far emergere le sordide brutture e la grande bellezza che spesso albergano nella stessa anima di una persona, e quindi nello stesso popolo e nella stessa città. Forse per questo il commissario Ricciardi non odia e non giudica gli assassini che insegue. Perché sa sentire anche il loro dolore.
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«I numerosi personaggi sono cosí credibili nelle loro debolezze, desideri e
ipocrisie da moltiplicare il numero dei possibili colpevoli lasciando intatta
la suspense».
Corrado Augias
«Il commissario Ricciardi, coi suoi occhi verdi, da angelo oppure da
demone, costretti a vedere ciò che gli altri – i vivi – possono evitare, si
muove ai margini di un confine. Noi abbiamo il privilegio, o la condanna, di
condividere la sua stessa visione».
Donato Carrisi
«De Giovanni mi ha catapultato per tutta l’estate nella Napoli degli anni
Trenta insieme col suo commissario Ricciardi, di cui mi sono segretamente
innamorata».
Serena Dandini
«Servendosi del suo investigatore come di un esploratore delle trame del
dolore, de Giovanni inscena una poderosa commedia umana che ricorda i Comandamenti
di Viviani e le “cantate” di Eduardo».
Giancarlo De Cataldo