* Qual è il confine tra gesto performativo e pensiero? Quale legame esiste tra fruizione dell’opera d’arte ed interazione? Appena si entra in contatto con il ciclo “collector becomes an artist” di Giuseppe Portulano ci si interroga attraverso nuove domande che nascono dal rapporto-approccio che lo spettatore vive nei confronti di questo nuovo ciclo, che rappresenta nel percorso dell’artista un tassello importante dell’evoluzione e della crescita della propria ricerca artistica. Il segno artistico si sviluppa nell’opera di Giuseppe sulla superficie della lavagna che si compone di diversi elementi di carattere geometrico che interagiscono tra di loro lasciando spazio all’atto creativo che sta per compiersi.
L’opera infatti prevede nella ricerca dell’artista la possibilità di ripetuti interventi che l’artista stesso oppure lo spettatore può compiere sulla superficie dell’opera singola che grazie alla creatività diventa, o potrebbe diventare più di una. È la forza del pensiero e della creatività che l’artista decide di condividere. L’opera viene “consacrata” ad una fruibilità collettiva attraverso la “sconsacrazione” di quell’idea di sacro, per cui le opere d’arte debbano essere contemplate. Giuseppe Portulano ci invita a condividere la sensazione del pensiero artistico attraverso un atto concreto, un gesto creativo, una traccia. Un segno che diventa “interferenza” concettuale che caratterizza e personalizza ogni singolo lavoro del ciclo. Un segno reversibile, pronto a mutare a cambiare. Un segno che interagisce con lo spettatore, con l’artista, con lo spazio circostante. Un segno consapevole declinato attraverso la volontà dell’artista e dello spettatore. La materia diventa soggetto e la forma diventa nella ricerca di Giuseppe Portulano concreta e nello stesso tempo capace di raccontare attraverso la creatività dello spettatore storie infinite.
Giuseppe Portulano rimescola i ruoli, li inverte, la sua ricerca concettuale diventa concreta riuscendo a diventare irriverente nei confronti dell’idea stessa del ruolo dell’artista, detentore assoluto dell’idea dell’opera d’arte. Giuseppe cede questa idea, la condivide, ne diventa cooprotagonista, lasciando ad una creatività esterna la possibilità di intervenire realizzando un cambiamento. Un sfida concettuale, un continuo inseguirsi ed inseguire, che si mescola con il coraggio dello spettatore/collezionista che si ritrova davanti un lavoro creativo che ha vita propria è compiuto poiché risultato del pensiero artistico ma che si trasforma attraverso la propria e personale capacità di relazione. Si compie così una rivoluzione nel rapporto tra artista e fruitore: l’opera diventa il punto di incontro di congiunzione tra il pensiero e la creatività da una parte e la capacità di riuscire non solo a condividere la bellezza di questo messaggio artistico, ma farlo proprio al punto tale di intervenire non per stravolgere l’idea ma per continuarla. Giuseppe Portulano realizza un ciclo “collector becomes an artist” che custodisce fragilità e forza dei diversi linguaggi dell’arte che si esprime nello spazio dell’opera d’arte attraverso un segno di scrittura, oppure una reinterpretazione visiva, un segno che diventa disegno. Atto. Momento performativo che diventa condivisione. Passione. Visione. Diversi sono i linguaggi di Giuseppe Portulano, che sperimenta con il desiderio di comunicare. Unico è il risultato in cui l’artista incanala la sua creatività.
Giuseppe Portulano giunge a questa soluzione dopo una ricerca costante sviluppata anche attraverso lo studio e l’utilizzo dell’interazione di diverse materie che vengono “invitate” a dialogare a trovare quella sintesi concettuale e visiva. Questo nuovo ciclo diventa l’ingresso ad una nuova dimensione dove la materia plasmata dall’artista continua a vivere non solo nei musei o nelle gallerie d’arte, ma questa forza generatrice di emozioni, comun denominatore di ogni opera d’arte, si trasferisce non solo idealmente, ma concretamente nei luoghi di quella quotidianità che ci appartengono. Bisogna quindi chiedersi in che modo l’opera d’arte si relaziona al contesto in cui essa trova posto.
La risposta a questa domanda complessa, ci ha regalato discussioni importanti di studiosi, che hanno dibattuto analizzando l’opera attraverso una lettura passiva con riferimenti ed analisi sui valori strettamente formali che tenevano in considerazione gli aspetti che afferiscono al contesto storico-culturale dove la funzione dell’opera si limitava ad una semplice interazione visiva, di pura godibilità estetica, giudicando l’opera d’arte nella sua “riproducibilità tecnica”. Il ciclo di Giuseppe Portulano scardina questa visione complessa che ancora oggi appartiene ad alcuni filoni di ricerca dell’arte contemporanea, riuscendo attraverso una poliedricità tecnica a dar vita ad un progetto che rappresenta il punto di unione di cambiamento nel rapporto artista/spettatore/collezionista. Un progetto complesso capace di custodire diverse sfaccettature alle quali l’artista concede la possibilità di potervi accedere cogliendo tutti gli elementi visivi-concettuali necessari.
Il risultato è un cambiamento importante che pone a diventare attivi protagonisti nella condivisione di un pensiero artistico complesso. L’idea di intervenire sull’opera diventa irresistibile! L’artista ci invita a realizzare quel piccolo sogno che ogni visitatore durante una mostra almeno una volta nella propria vita ha pensato. Il desiderio di provare a mettersi alla pari con l’artista, a condividere lo stesso punto di vista a cambiare questa visione. L’artista ci offre la possibilità di condividere il dono di quel pensiero che diventa comunicazione; gesto concreto che prende forma dal pensiero creativo che viene condiviso. Giuseppe Portulano ci offre questa possibilità. Una possibilità che possiamo compiere svariate volte. Ripetere. Cancellare. Ripetere. A noi la decisione di accettare o rifiutare questo compromesso-conflitto di creatività. Siamo pronti a lasciare il nostro segno? A condividere il nostro sogno e la nostra “poesia”?
*Dott. Roberto Sottile – Critico d’arte e curatore