Nella Casa di Goethe a Roma, ieri, 16 giugno, Bloom’s day, il direttore della Casa, Gregor H. Lersch ha presentato l’incontro con il pubblico di una poetessa italiana, Sara Ventroni, e di un poeta tedesco, Ron Winkler. Ma non è della loro poesia che qui voglio scrivere: l’intensità, quasi cosmica, è il caso di dirlo, della poesia di Winkler, il lavoro sulla lingua, quasi a estrarre dalle parole non il loro racconto della realtà, ma l’insospettata natura delle cose, ch’è sempre per noi umani una natura di parole, la musica dei suoi versi, la paura di toccare la vita che se ne avverte, richiederebbero ben altro spazio e ben altra conoscenza della sua poesia di quella che ora posso disporre; così come la nudità che con le parole coglie fatti, visioni, rifuggendo dall’elegia intimistica, della poesia di Sara Veltroni, vorrebbe più lungo tempo a rifletterci.
No, qui voglio più limitatamente riflettere sul fatto che la loro lettura dei propri versi ha saltato la fossa di parole con cui noi oggi invadiamo lo spazio della nostra vita quotidiana. Giustamente sulla guerra in Ukraina non si sono voluti pronunciare: se ne parla troppo, e in maniera propagandistica, siamo soffocati dalle parole sulla guerra, ha detto la Ventroni, e la guerra non è ciò di cui di solito parliamo, ma qualcosa di terribile che va guardato per ciò che è. Winkler ha assunto posizioni simili, anche lui insistendo sulla differenza che c’è tra la guerra e il parlarne.
Fare poesia non è, infatti, solo provare emozioni, ma trovare le parole delle emozioni. E ciò richiede un lavoro del pensiero. La poesia è pensiero, prima ancora che confessione. Anzi la vera poesia è sempre soprattutto pensiero. Perché non è il sentimento, la realtà, ma il linguaggio con cui si dicono le cose. La poesia non racconta, dice. Se voglio raccontare una situazione faccio una fotografia. L’altro aspetto dell’attività del poeta Winkler. E davvero le sue fotografie sono poesia, immagini che sostituiscono la realtà fotografata, e si fanno visione, altro dalla realtà. Poesia figurativa. Mi piacerà ritornare a riflettere su queste due voci della poesia di oggi. Una nota particolare d’involontaria ironia mi è apparsa invece l’affermazione di entrambi i poeti di non amare i poeti dalla produzione fluviale, cospicua. Detto nella casa museo di un poeta che ci ha letteralmente sommersi con un fiume immenso di poesia, sembrava quasi una excusatio non petita. La poesia di Goethe, i suoi romanzi, il suo teatro, i suoi saggi, non solo riempiono una grande biblioteca – e di fatti gli scaffali tutto intorno alla sala ne apparivano traboccanti – ma si può davvero dire che non un rigo, non un verso del poeta e scrittore non abbia senso, non ci comunica un’esperienza irripetibile della vita. La serata era allestita in collaborazione con l’Accademia Tedesca di Roma Villa Massimo .