Protagonista dell’ultima edizione dei premi Oscar con La forma dell’acqua, circa tre anni fa Guillermo del Toro impreziosiva la sua filmografia con Crimson Peak. (Ri)scopriamo così questa sorprendente e accattivante storia di fantasmi.
Insofferente verso la società borghese e perseguitata dal fantasma della madre morta di colera, Edith Cushing (Mia Wasikowska) sembra scorgere un barbaglio di luce nel momento in cui conosce Sir Thomas Sharpe (Tom Hiddleston), un baronetto giunto dall’Inghilterra insieme alla sorella Lady Lucille (Jessica Chastain) per chiedere un finanziamento proprio al padre di Edith, Mr. Carter (Jim Beaver), ricco e rispettato imprenditore. Sharpe sembra essere davvero interessato e ammaliato dalla ragazza e lo stesso vale per quest’ultima. Ma, a sancire l’unione di amore tra i due, ci pensa il sinistro e brutale assassinio del padre di Edith la quale, senza più nessuno ormai, decide di sposare Sharpe e trasferirsi a vivere ad Allerdale Hall, una fatiscente magione conosciuta anche come Crimson Peak per via del terreno di argilla rossa sulla quale è stata costruita. Ben presto lì Edith si rende conto che qualcosa non va e che strane entità popolano l’abitazione. Presenze, queste, che forse hanno a che fare con qualche segreto nascosto da Sharpe e da sua sorella.
Fresco del doppio Oscar per la miglior regia e il miglior film con La forma dell’acqua, il regista Guillermo del Toro circa tre anni fa, dopo l’incursione sci-fi di Pacific Rim, con Crimson Peak (ri)tornava al suo genere di appartenenza, quell’horror visionario e non banale con il quale si è fatto apprezzare (e amare) dagli spettatori di mezzo mondo. Fortemente debitore ai classici della letteratura orrorifica (in particolare nei confronti di Howard Phillips Lovecraft) Crimson Peak è una fiaba gotica che codifica la sua struttura narrativa nel sottogenere della ghost story poiché, in fondo, il nono lungometraggio dell’autore di Mimic e Blade II, non è altro che una storia di fantasmi che sì recupera tutti i crismi ed i tòpoi tuttavia riuscendo ad andare al di là della stereotipizzazione e del cliché situazionale e visivo a cui molti titoli appartenenti al filone hanno abituato. Crimson Peak infatti non si culla e non si lascia cullare beatamente sulle ben rodate e conosciute situazioni horror, in modo tale da evitare qualsivoglia arenamento nell’alveo del già visto dal sapore stantio, piuttosto il film di del Toro impone la propria sfaccettata personalità guardando al passato e adattandosi alle esigenze del presente cinematografico fatto, oggi come oggi, di una necessità del vedere simil voyeuristica che va ben oltre i limiti del buongusto e del tollerabile. Ed è proprio questa abilità di sapersi muovere a cavallo di due fasce cronologiche che, unita alla visionarietà e all’estro registico di del Toro, permette a Crimson Peak di ergersi in tutta la sua originalità. A metà strada tra orrore e paranormale, senza tralasciare una buona dose di giallo deduttivo (fondamentale per lo scioglimento dell’intreccio narrativo) Crimson Peak, lentamente, si trasmuta in un baratro di follia e orrore famigliare, dipanando minuto dopo minuto le trame oscure fatte di omicidi, violenze, torture, morbosità e incesti, tutto celato tra le mura scricchiolanti della magione fatte a pezzi dalle infiltrazioni di quella stessa argilla che ha costituito la (s)fortuna e la maledizione dei fratelli Sharpe, possedenti di una terra rossa come il sangue che – grottescamente – sancisce l’inizio della fine della vita altrui. Tra indizi frammentari, mostruose e inquietanti apparizioni e comportamenti al limite della sanità mentale Crimson Peak – fortunatamente – non si limita solo ed esclusivamente alla ciclicità economica dei più svariati jump scare così come, di pari passo, non fa alcun ricorso all’autocompiacimento gratuito nei momenti più splatter e sanguinosi bensì si concentra su una precisa e bilanciata mescolanza di onirismo e ambientazioni dark che si incontrano e fondono insieme nei chiaroscuri e nei taglienti cromatismi che ipnotizzano e catturano l’attenzione visiva (e mentale) dello spettatore. Ghost story riuscita sia sotto l’aspetto scenotecnico sia contenutistico che si discosta dai prodotti del genere che puntano tutta la loro forza sulla spavento facile, Crimson Peak lascia ampio spazio all’introspezione psicopatologica dei personaggi in scena calati in un cupo mondo narrativo di stampo gothic fantasy, allargando di pari passo l’universo filmografico di un instancabile “sognatore di incubi” come Guillermo del Toro.