Bob Saginowski (Tom Hardy) lavora come barman nel locale gestito da suo cugino Marv (James Gandolfini). Locale questo che, dietro la facciata da punto di rendez-vous per le bevute degli avventori giornalieri, in realtà svolge la funzione di dropbar, luogo ove il denaro dei traffici criminali viene momentaneamente depositato. La vita di Bob trascorre marginalmente nella routine quotidiana, fino a quando una rapina portata a segno da due malviventi nel locale e il ritrovamento di un cucciolo di pitbull ferito e abbandonato davanti casa di Nadia (Noomi Rapace), cambiano la vita di Bob. Ma presto il destino bussa alla porta: il boss ceceno che gestisce il traffico di denaro nel bar di Marv chiede che gli sia ridato ciò che gli è stato sottratto e il vero padrone del cucciolo di cane si fa avanti con violenze psicologiche e minacce pur di riavere indietro ciò che gli appartiene. A Bob – sempre più in difficoltà e alle strette – non resta che un’unica possibilità: far riemergere il suo passato criminale così da poter porre rimedio ai torti subiti.
Chi è senza colpa (The Drop, 2014) è la prova materiale che il regista belga Michaël R. Roskam conosce (ed ha assimilato) alla perfezione gli stilemi del noir americano della Hollywood classica degli anni ’40. Adattando per il grande schermo la short story Animal Rescue di Dennis Lehane – uno dei maggiori specialisti della narrativa statunitense nel raccontare storie di criminalità – Roskam, qui alla sua opera seconda (dopo il convincente Bullhead, 2011), mette in scena in una fredda, invernale e cupa Brooklyn (New York) una storia di passati e presenti criminali. Perché è proprio il passato che sta al centro delle vicende di Chi è senza colpa: un passato (quasi) di dostoevskijana memoria, in cui ogni colpa, ogni “fardello” che ci si porta dentro se stessi va scontato e eliminato. Bob, nonostante trascorra una vita tranquilla, non può sfuggire da ciò che si è lasciato alle spalle. E quando la malvagità, la follia degli uomini rischia di far crollare, di distruggere la felicità di Bob e, così, portargli via chi ama (il piccolo cucciolo e Nadia), non resta che ricorrere alla dura legge dell’occhio per occhio senza mezze misure.
Asciutto, senza fronzoli e senza pietà (così come la magnifica interpretazione di Tom Hardy) e con un finale (decisamente inaspettato per il genere) che concede la possibilità per uno spiraglio di luce, il noir del regista belga ha il merito di riuscire ad “intrappolare” nelle sue maglie lo spettatore offrendogli una cruda (e reale) visione della giungla urbana e del suo sottobosco criminale. Non c’è scampo, non c’è scusa che tenga per gli atti ignobili. Esiste solo un’unica certezza: come insegna il Delitto e castigo di Dostoevskij ogni colpa non passa – mai – impunita. Ma anche per ogni peccato, per ogni errore vi è sempre una via per la redenzione.