A Los Angeles si incrociano le strade di Roger Murtaugh (Danny Glover), esperto poliziotto cinquantenne alle soglie del pensionamento e di Martin Riggs (Mel Gibson) agente trasferito dalla narcotici alla omicidi. Quest’ultimo è un ex berretto verde che ha combattuto in Vietnam, e ciò che lo caratterizza è la tendenza a gettarsi in azioni a rischio della vita, sperando così di rimanere ucciso e poter raggiungere sua moglie, morta in un incidente stradale. I due poliziotti, all’inizio restii a lavorare insieme, devono unire le forze per indagare sulla morte di una ragazza, figlia di un commilitone di Murtaugh. Raccogliendo indizi e prove, Riggs e Murtaugh scoprono che l’omicidio è legato ad un traffico di droga (in cui lo stesso padre della ragazza è coinvolto) gestito da Peter McAllister (Mitchell Ryan), un ex generale delle forze speciali.
Il cinema d’azione odierno non è più quello di una volta: troppi effetti speciali, scelte attoriali poco consone e – nota dolente – storie davvero molto trite e ritrite (eccezion fatta per alcuni rari casi) e per nulla coinvolgenti. Negli ultimi anni si è assistito ad un vero e proprio salasso di idee, relegando uno dei generi più commerciali e richiesti (ovvero l’action) nei confini della memoria cinefila degli spettatori. Tuttavia è grazie ai ricordi cinefili se, ancora oggi, c’è spazio per quelle pietre miliari che hanno fatto grande tal genere, in particolare quello appartenente alla favolosa (e nostalgica) decade degli anni Ottanta. Tra tanti titoli, ve n’è uno impossibile da dimenticare ovvero quell’Arma letale (Lethal Weapon, 1987) che, a distanza di trent’anni dall’uscita e un serial tv derivato, mantiene integro il suo fascino.
Primo capitolo di una fortunata saga protrattasi fino alla fine degli anni Novanta, Arma letale è una di quelle pellicole verso le quali, ancora oggi, si guarda come punto di riferimento ogniqualvolta si discute di cinema d’azione. Nato dalla penna dello sceneggiatore Shane Black e diretto da Richard Donner (regista dell’altro cult degli Eighties I Goonies), Arma letale porta dentro di sé tutti gli elementi fondamentali della cinematografia degli anni ’80. A partire da una storia solida e molto matura, Donner mette in scena una summa del cinema di genere di allora: inseguimenti frenetici, violenza brutale, sequenze pirotecniche a cui si aggiunge, con sorpresa, una giusta ma mai troppo eccessiva dose di humour. Arma letale, infatti, scardina le precedenti incarnazioni dell’action il quale, fino a qualche anno prima, veniva a coincidere egregiamente con gli stilemi del noir metropolitano alla Mann (si veda Strade violente, 1981) e Friedkin (Vivere e morire a Los Angeles, 1985).
Con Arma letale non solo cambia il modo di affrontare storie poliziesche e sanguinose ma, di conseguenza, anche l’archetipo di eroe posto al centro delle vicende: il Martin Riggs interpretato da Mel Gibson (lanciato definitivamente dal film di Richard Donner) è un poliziotto sui generis, folle, iperattivo, dal grilletto e dai cazzotti facili (non per niente i suoi precedenti colleghi l’hanno soprannominato, appunto, arma letale), a cui si contrappone il Roger Murtaugh di Danny Glover, razionale agente di polizia cinquantenne con famiglia, pacato e che vuole solamente tornare a casa incolume dopo la fine del turno. Il propellente del motore di Arma letale risiede nella coppia di protagonisti agli antipodi, l’uno il contraltare dell’altro nell’affrontare ordinarie situazioni di routine lavorativa oppure, come in questo primo episodio, smantellare una rete di narcotraffico a suon di pallottole, combattimenti corpo a corpo e battute memorabili. La grandiosità di un’opera come Arma letale è dovuta al fatto di essere riuscita a rinnovare un genere (come ha fatto un anno più tardi John McTiernan con il suo Trappola di cristallo) prendendo (in parte) in giro se stessa, scardinando quell’eccessiva serietà dei numerosi lungometraggi che l’hanno preceduta.
La perfetta alchimia del lavoro di Donner e Black è rintracciabile nella formula sommatoria di quattro elementi principali: storia, azione, violenza, humour (la stessa e identica formula del primo sequel Arma letale 2). Sebbene la presenza, anche in momenti impensabili, di gag tra i due sbirri protagonisti aiuta ad alleggerire (senza tuttavia edulcorare come succede nei sequel Arma letale 3 e Arma letale 4) una vicenda torbida fatta di omicidi, droga, morti ammazzati e drammi personali, Arma letale non rinuncia alle granitiche regole dell’action di allora, basate su un rigido senso di realismo e su quella ricercatezza di rappresentazione dell’estetica delle immagini e della violenza presente e pulsante in molto cinema del periodo (e qui, ancora una volta, fanno capolino i maestri William Friedkin e Michael Mann).
Film apripista (insieme al già citato Trappola di cristallo) di un nuovo modo di intendere e rappresentare l’azione, Arma letale è la quintessenza dell’action anni Ottanta che detiene ancora, a distanza di tre decadi, il podio di nostalgico titolo sempreverde entrato a pieni voti e con tutto il rispetto negli annuali di quel cinema d’azione alla vecchia maniera, oggi difficile da replicare (se si escludono Kathryn Bigelow e Michael Mann) e, al contempo, arduo da dimenticare nell’era del cinema postmoderno.