La mela del serpente segna il debutto de La Classe Media, un power trio che, con il suo EP, non ha paura di raccontare la realtà di una generazione disillusa ma determinata. Con il suo alternative rock dalle sonorità indie e postpunk, la band fonde il personale con il sociale, affrontando temi come l’alienazione, la ricerca di un’identità e le contraddizioni di un’epoca che sembra non avere spazio per i sogni. In quattro brani intensi, La classe media ci guida attraverso un viaggio di crescita, perdite e, soprattutto, resistenza.
Un titolo simbolico e una partenza rabbiosa
Il viaggio inizia con il pezzo che dà il nome all’EP: La mela del serpente. Il brano parte con il piede giusto, segnando subito un’atmosfera densa di tensione. Qui la mela, simbolo di tentazione e cambiamento, viene accolta con un morso deciso, ma non senza consapevolezza. La band non si nasconde dietro facili racconti di redenzione; piuttosto, celebra la bellezza di un cambiamento che non porta con sé risposte facili. La rottura col passato è la chiave del brano, e la musica lo riflette in un crescendo che sfocia in un finale che non è mai del tutto risolutivo. La tentazione di “cadere” non è la fine, ma un nuovo inizio che non cancella le cicatrici lasciate dal passato.
La rivincita: il momento di riscatto
In La rivincita, La classe media alza il volume e offre il suo più sfacciato inno alla sopravvivenza. Qui, il protagonista è stanco di perdere e di collezionare frustrazioni. La band lo sa bene, e lo grida a gran voce: la rivincita non è tanto una battaglia vinta, quanto una dichiarazione di voler esserci ancora, nonostante tutto. Con un riff di chitarra che taglia come un coltello e una batteria che spinge a ogni battito, questo brano diventa un’ode al riscatto interiore. La voce di Ronchi, che all’inizio era più riflessiva, diventa ora un grido di liberazione. E se la vittoria non è arrivata, almeno non si è rimasti schiacciati. La rivincita è un sorriso ironico di chi si rende conto che la vita è fatta anche di sconfitte, ma non per questo meno preziosa.
L’amore non è mai quello che sembra
Con Klarastrasse, il tono cambia radicalmente. La canzone d’amore non è certo una ballata zuccherosa, ma piuttosto un affresco di un sentimento che non ha il compito di risolvere tutto. Il protagonista non ha intenzione di fare promesse di felicità eterna, e La classe media non lo fa nemmeno per lui. La traccia dipinge l’innamoramento come un incanto che arriva senza avvisare, un’esperienza che si nutre di piccole cose quotidiane. La musicalità qui si fa più leggera, quasi sospesa, con il ritmo che sembra seguire il passo del cuore che inizia a battere più forte, ma senza l’irrazionalità del folle innamorato. Le strade di Colonia diventano il palcoscenico di un sentimento che è al tempo stesso magia e fragilità, e La classe media riesce a trasmettere questa dualità senza appesantire la traccia.
Inopportuno: ritorno e disillusione
Chiude l’EP Inopportuno, e qui La classe media colpisce ancora una volta nel segno. Il ritorno in Italia non è il lieto fine che ci si potrebbe aspettare, ma piuttosto un confronto spietato con una realtà che sembra essersi fermata. Qui, la critica è diretta, implacabile, e La classe media non si fa scrupoli nel mettere sotto la lente d’ingrandimento una società che sembra retrocedere piuttosto che progredire. Le chitarre frenetiche e la batteria che si fa più incalzante sono lo specchio di un’anima che non si riconosce più nel paese che ha lasciato. La canzone è l’emblema del distacco: il protagonista torna a casa, ma non è più a casa. Si sente fuori luogo, fuori tempo. “Inopportuno”, appunto.
Con La mela del serpente, La classe media non si limita a proporre un EP di debutto, ma lancia un messaggio chiaro: la musica è un mezzo di lotta, di resistenza e di ricerca. Ogni brano è un capitolo di una storia che non si risolve in modo semplice o felice, ma che racconta una generazione che si barcamena tra le proprie delusioni e i propri sogni non realizzati. La band, con il suo mix di alternative rock e sonorità indie, ci offre non solo un ascolto, ma un’esperienza emotiva. Senza giri di parole, senza filtri, La mela del serpente è un viaggio che vale la pena affrontare, seppur scomodo. È la prova che, anche quando si è fuori posto, si può ancora fare musica che non lascia indifferenti.