“Ciao, sono Marco e dieci anni è la mia età,
Ho i capelli biondi e vado in quarta A,
Tranne matematica a me piace studiare,
Mio papà e mia mamma hanno un negozio alimentare.
Ho una sorella cinque anni più di me
Ed un fratellino che sta per nascere,
E non vedo l’ora che arrivi in fretta maggio,
Che se farò il bravo potrò tenerlo in braccio”
Con questi versi ritmati e orecchiabili, cantati da Pierdavide Carone comincia l’ultima canzone di questo giovane musicista che ho visto, qualche anno fa, come artista in erba alla prima edizione da me seguita di “Amici”.
E’ passato solo qualche giorno da quando ho sentito la canzone per la prima volta e già ne leggo il testo musicandolo nella mia testa. E’ sicuramente un testo di facile ascolto senza che sia cantilenante ed è un testo che “prende”, che ti entra dentro.
La scena dipinta da Pierdavide è un autoritratto di un bambino di dieci anni, Marco, che parla in prima persona con parole solo apparentemente semplici e presenta una scena familiare e di vita quotidiana.
La canzone prosegue poi con la voce di Lorenzo Cantarini dei Dear Jack: altri versi, stesso ritmo, stessa musica, altra scena della vita quotidiana di Marco:
“Il mio migliore amico si chiama Giosuè,
Pensa che anche in classe siede vicino a me,
Poi alla campanella voliamo come piume
E finché fa buio tiriamo sassi al fiume,
Ieri pomeriggio però lui si è ammalato
E perciò alla fine da solo sono andato”
Ma ecco che la quotidianità spensierata di Marco viene interrotta da un incontro insolito e inaspettato. E con un crescendo di musica e tonalità viene data voce allo “strano sconosciuto” che, con fare confidenziale, conduce il bambino nel bosco, luogo che evoca incontri poco piacevoli come nelle favole dell’infanzia.
“E mentre giocavo uno strano sconosciuto
Prima mi ha guardato e poi si è avvicinato,
E con fare misterioso ma gentile
Si è seduto accanto a me sopra il pontile,
E prima che io prendessi un sasso da tirare,
Lo strano sconosciuto ha cominciato a dire:
“Dammi la mano bambino e vieni nel bosco”
Nei versi successivi “No che non sono un estraneo, io ti conosco,
Vengo dal tuo stesso posto” il pensiero viene sospinto verso il mondo mentale che può essere quello dello strano sconosciuto, mondo morboso, perverso e pervertito, a volte ma non sempre, etichettabile come “malato” se non fosse che ciò sembra suggerire una scusante per chi da quel mondo mentale passa dal pensiero all’azione, come nella canzone “Caramelle”: azione morbosa, perversa, pervertita e, solo a volte, malata appunto.
E questa azione, la violenza fisica e mentale sul bambino, viene evocata coi versi successivi e in particolare con le parole “mentre prendi la mia pelle” che rimanda a “ciò che non si può dire” “ciò che è meglio tacere”, come direbbe qualcuno, o meglio, ciò che si può dire senza essere volgari perché la scena è dipinta efficacemente con quelle poche parole che suggeriscono, alludono, evocano, rimandano con la mente.
“Insieme nel mio silenzio il ricordo di cose più belle,
Il colore delle stelle, mentre prendi la mia pelle,
In cambio un sorriso e due caramelle”.
Poi il ritmo e le rime riprendono, dando voce a Marica:
“Ciao, sono Marica e ho fatto quindici anni,
Sono già un’adulta e ho fatto molti sbagli.
Primo, mettermi con Luca invece che con Dario.
Sì, forse è più bello ma è troppo autoritario”
E così per dispetto sono uscita con le amiche,
E dopo una per una a casa siam tornate,
Che palle, casa mia è sempre l’ultima,
In fondo a quella via buia e torbida.
E come non bastasse è anche scoppiato il temporale,
Ho fatto anche lo shampoo stamattina, porco cane,
Perché da qualche tempo il mondo è un’agonia,
Qualsiasi cosa faccia è sempre colpa mia”
Anche Marica parla dipingendo scene di vita quotidiana e dando voce ai suoi pensieri di giovane adolescente. Quotidianità e pensieri che, anche stavolta, vengono stravolti dall’incontro con un “signore” che le offre un passaggio e la conduce nel bosco.
“Fortuna che un signore mi ha offerto un passaggio,
Non l’ho mai visto prima però mi sembra saggio,
La vita non è un film, cosa vuoi che mi succeda?
E mentre penso questo all’improvviso cambia strada.
“Dammi la mano bambina e vieni nel bosco,
No che non sono un estraneo, io ti conosco, Vengo dal tuo stesso posto”,
Nel mio silenzio il ricordo di cose più belle,
Il colore delle stelle, mentre prendi la mia pelle,
In cambio un sorriso e due caramelle. Due caramelle”.
E poi le voci degli interpreti diventano le voci dei bambini, di Marco e Marica, dell’innocenza violata, del dolore, del corpo e del cuore, dolore che toglie il fiato, che toglie il respiro ma non la voglia di vivere magari a costo di tenersi tutto dentro, senza raccontare niente.
E si alternano e cantano assieme Carone e Cantarini:
Ti prego, fa’ in fretta ciò che devi fare, Ti prego,
fallo in fretta senza farmi male, Ti giuro, non avrò niente da raccontare,
Però fa’ in fretta così torno a respirare,
Ti prego, fa’ in fretta ciò che devi fare, Ti prego,
fallo in fretta senza farmi male, Ti giuro, non avrò niente da raccontare,
Però fa’ in fretta così torno a respirare.
“Dammi la mano bambino e vieni nel bosco,
No che non sono un estraneo, io ti conosco, Vengo dal tuo stesso posto”,
Nel mio silenzio il ricordo di cose più belle, Il colore delle stelle,
mentre prendi la mia pelle, In cambio un sorriso e due caramelle,
“Dammi la mano bambina e vieni nel bosco, No che non sono un estraneo,
io ti conosco. Vengo dal tuo stesso posto”
Nel mio silenzio il ricordo di cose più belle.
Il colore delle stelle, mentre prendi la mia pelle,
In cambio un sorriso e due caramelle.
Ti prego, fa’ in fretta ciò che devi fare,
Ti prego, fallo in fretta senza farmi male,
Ti giuro, non avrò niente da raccontare,
Però fa’ in fretta così torno a respirare.
Passando dai toni alti ai sussurri, i due interpreti dipingono con le parole e la musica ciò che spesso non si riesce a tradurre in discorso, e ciò senza cadere nella retorica e nella volgarità chiassosa e morbosa.
All’inizio di quest’anno che sta per terminare, mi son ritrovata a scrivere sulla canzone risultata vincitrice al Festival di Sanremo perché mi era piaciuta e mi aveva colpito e ora, sentendo “Caramelle” dopo aver cliccato sul link di Pierdavide che seguo su Facebook, mi ritrovo a scrivere di questa canzone che al prossimo Festival non arriverà.
Ho sentito la canzone e letto il post dell’autore, che rimanda a varie forme di violenza cui tutti, in misura e modo diverso, siamo più o meno soggetti, nei più disparati contesti sociali, prima di apprendere dell’esclusione della canzone da Sanremo.
Come ho già avuto modo di scrivere, non sono un’esperta in musica ma posso dire ciò che mi piace e ciò che non mi piace. E la canzone di Pierdavide mi è piaciuta subito e colpisce già al primo ascolto, come detto sopra.
Non ho nemmeno le competenze e le conoscenze per cogliere le “politiche” e le scelte di chi decide di selezionare le canzoni per la gara del Festival e, ovviamente, non sono a conoscenza degli altri brani in gara, ma ritengo che “Caramelle” sia una bella canzone, sia per la musica che per il testo e per gli spunti di riflessione cui dà vita senza la pedanteria dei discorsi di tanti esperti in tema.
Sanremo sarebbe stata una buona occasione per proporre la canzone all’ascolto ma, pazienza, Pierdavide Carone e i Dear Jack avranno modo di diffonderla ugualmente raccogliendo i frutti del loro lavoro e del loro talento.
In bocca al lupo agli interpreti! Per aspera ad astra!
E buon ascolto a chi vorrà seguire il link in calce!
Sardara, 27 dicembre 2018
https://www.youtube.com/watch?v=-gOpLIPM3eM
La recensione è presente anche nel mio sito https://danielamarras69.weebly.com/musica—invito-allascolto.html