Per cercare di riconciliarsi con la sua ex ragazza Erin (Tatiana Maslany), Jeff (Jake Gyllenhaal) decide di supportarla aspettandola al taglio del traguardo durante la maratona di Boston. Ma l’evento sportivo si trasforma in tragedia: un attentato dinamitardo uccide tre persone e ne ferisce oltre duecento, incluso Jeff che perde entrambe le gambe. Dopo una lunga degenza in ospedale, Jeff cerca di tornare a vivere la quotidianità ma non senza enormi ostacoli. A supportarlo ci pensa la sua famiglia e – soprattutto – Erin.
Un anno fa con Boston – Caccia all’uomo Peter Berg ha ricostruito gli eventi relativi all’attentato della maratona di Boston avvenuto il 15 aprile del 2013: servendosi di un forte piglio cronachistico e di un impianto di genere a metà strada tra il thriller metropolitano e l’action, il regista di Cose molto cattive e The Kingdom è riuscito a raccontare une delle più grandi e recenti manhunt della storia americana. Ora è la volta di David Gordon Green (Joe, Manglehorn) che con Stronger – Io sono più forte (Stronger, 2017) porta sul grande schermo un’altra testimonianza di quella terribile e sanguinosa giornata. Basato sull’autobiografia di Jeff Bauman Stronger procede su un percorso narrativo differente rispetto alla pellicola di Berg: se Boston – Caccia all’uomo raccoglie e mette in scena psicologie e reazioni di un’intera comunità riunita, quindi in un rapporto di molti a uno Stronger, invece, basa la sua essenza filmica sul rapporto uno a molti, soffermandosi sul dramma personale e intimo del singolo, di un uomo che, in una manciata di secondi, ha visto portarsi via una parte di se stesso.
Superata la criticità postoperatoria e iniziato il percorso di convalescenza Jeff Bauman diventa, inesorabilmente, il simbolo di un’intera Nazione che, considerato l’ulteriore duro colpo inflitto al cuore, non si è lasciata piegare né spezzare da chi cerca di far prevalere il terrore e la morte sul prossimo. Ma trasformarsi da cittadino qualunque in icona di resistenza e resilienza presenta sempre un risvolto seminegativo della medaglia e Gordon Green, senza troppi giri di parole, lo dimostra mettendo alla berlina l’accanito processo massmediatico che si nutre di quello “sfruttamento d’immagine” a volte sì utile ma – parallelamente – lacerante per chi come Bauman ha vissuto in prima persona e sulla propria pelle l’enorme dramma esistenziale. Un dramma che all’interno di Stronger, nonostante la gravità e il peso di un ricordo di un momento orrorifico incancellabile, non sfiora mai il patetismo volontario che cerca, a tutti i costi, la lacrima facile dello spettatore. Semmai Stronger è il dipinto nudo e crudo di una persona che non si è lasciata andare, che non si è arresa e che non vuole arrendersi dimostrando a tutti come l’enorme volontà di continuare a vivere sia più forte di qualunque altra cosa poiché, ancor prima di essere un biopic incentrato su una storia vera Stronger – parimenti – è uno splendido inno alla vita e all’amore, a quel sentimento che lega le persone tra di loro, unisce famiglie, uomini, donne, coppie e che, quando è vero e puro riesce a superare ogni barriera, ogni ostacolo, ogni limite fisico e mentale trasformandosi in una fondamentale e importante forza motrice che aiuta a (so)spingere verso nuovi inizi ed esistenze.
Prodotto ben realizzato sotto l’aspetto scenotecnico e privo di qualsivoglia retorica propagandistica a livello contenutistico, Stronger regala l’ennesima, grande prova attoriale di Jake Gyllenhaal (coadiuvato egregiamente da Tatiana Maslany, volto “poliedrico”di Orphan Black) che, dopo aver interpretato i più svariati ruoli (come quello dall’adolescente difficile e visionario di Donnie Darko per poi passare ai poliziotti di End of Watch e Prisoners e lo sciacallo televisivo di Nightcrawler) in quasi trent’anni di attività sul set, grazie all’incarnazione cinematografica di Jeff Bauman, di un eroe comune, conferma sempre di più il suo enorme talento.