Forse qualche lettore conosce il meraviglioso sonetto di Baudelaire “A une passante”. L’improvviso e fulmineo incontro dello sguardo di una donna che gli passa davanti fa sognare al poeta l’eventualità di un amore tutto mentale, immaginario, ma che ha tutta la violenza, e la nostalgia, di un amore realmente vissuto. “Ô toi que j’eusse aimée, ô toi qui le savais!”, o tu che avrei potuto amare, o tu che lo sapevi. A chi non è mai accaduto qualcosa di simile? A me, lo confesso, più di una volta. Anche stamattina, mentre aspettavo di essere visitato dall’oculista. Di fronte a me, seduto nella sala d’aspetto, non un ragazzo, ma un angelo. E mi è nato un sonetto d’amore, questa volta tutt’altro che scherzoso, come quello dell’altro ieri (ma in fondo allo scherzo una nube nera di vero), mi è nato un sonetto di amore immaginario, visionario, un fantasma della fantasia che resterà sospeso nel mondo di un’eventualità fantasticata. L’immagine è un ritratto di giovane dell’enigmatico Bronzino. Anche il giovane, chi sa, un amante immaginario del pittore.
Guardarti è più delizia che mi appaga;
figurarmi un contatto richiederebbe
da me una sfida al gioco della maga
che illude la mia mente, mi farebbe
sperare un gaudio in cui per te si smaga
la fantasia, e l’occhio mi potrebbe
ridestare all’inganno che mi svaga,
e possederti mi abbacinerebbe.
Ma tu, giovane dio del desiderio,
non muoverti, guardarti è sufficiente
all’amore sospeso nella mente:
non avresti da un bacio altro più serio
gradimento, che un futile abbandono,
godi perciò l’istante che ti dono.
Passo Corese – Fiano Romano, 14 gennaio 2023