Se ne scrivono ancora, avrebbe detto Vittorio Sereni. Parlava dei versi. Io mi sono misurato addirittura con la “nobile” e secolare forma del sonetto. L’equivalente moderno, credo, dell’epigramma alessandrino. Eccone uno da me scritto dieci anni fa, esattamente dieci anni fa. Mi è capitato sotto gli occhi per caso. Ci ha pensato Facebook. Strano rileggersi dopo anni. Si ha l’impressione di leggere lo scritto di un altro. Tuttavia qui esprimo una mia idea ricorrente: l’irreversibilità e l’irrecuperabilità del tempo trascorso, quello che Virgilio, con stupenda sintesi, chiama “irreparabile tempus”. Misurarsi con la scrittura di un sonetto rischia confronti compromettenti e accuse d’inattualità. Ma tant’è, l’ho scritto. (Nella foto, la mia stanza della musica).