Leggo i libri di Catena Fiorello e seguo questa scrittrice da anni, soprattutto sui social network, dove è molto attiva, ma l’ho conosciuta personalmente solo lo scorso 28 ottobre, in occasione della presentazione del suo romanzo “Picciridda”, presso la libreria Coop di San Giovanni Teatino (CH). Appena arrivati sugli scaffali i libri di Catena Fiorello riescono sempre a calamitare l’attenzione di un gran numero di lettori, distratti da tante altre pregevoli novità: sono storie di famiglia, percorsi di crescita e di affermazione che vedono spesso protagoniste donne forti e coraggiose, donne di ogni età, capaci di abbandonare le loro certezze (“Casca il mondo, casca la terra”); donne che la storia della loro famiglia e dei loro amori la raccontano facendosi assaporare il gusto sincero e genuino del pane che si spezza in tavola ogni giorno (“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”); donne, e uomini, che il gusto di quella vita vera vogliono sentirlo fino alla fine, facendo tesoro di ogni momento della propria esistenza, coronata da un amore pieno, adulto ma non tardivo (“L’amore a due passi”). Tra i libri di Catena Fiorello è però “Picciridda” – il romanzo d’esordio della scrittrice pubblicato nel 2006 per Baldini Castoldi Dalai Editore e recentemente riedito, a marzo 2017, da Giunti Editore – a segnare un’ideale parabola dell’attività letteraria della scrittrice, per i temi che vi compaiono, certo, ma anche per il momento in cui torna in libreria. A undici anni dalla prima edizione molto è cambiato nella società italiana ed europea, nella geopolitica e nei cicli economici; per questo il tema dell’emigrazione è, forse, ancor più tristemente attuale, per lo strazio vissuto dai migranti, ma anche dai tanti giovani italiani in fuga dalla loro patria per costruirsi un futuro. Catena Fiorello descrive, attraverso gli occhi di una bimba, lo spaccato della società italiana degli anni Sessanta: ci fa fare un viaggio all’interno di ognuno di noi, con l’uso della prima persona e la forma indiretta, ci racconta il dolore senza sconti in maniera semplice ma con estrema sensibilità.
La trama del libro
“Abitavo in un paese affacciato sul mare, e mi sentivo la figlia della gallina nera. E non una qualunque, ma la nera più nera che si potesse immaginare. Le bambine fortunate, invece, quelle a cui era capitato un destino diverso, erano figlie delle galline bianche. Ma questa è un’altra storia”. Inizia così la storia di Lucia, bambina siciliana di soli undici anni, che in caldo pomeriggio di settembre del 1961 vede partire i suoi genitori per la Germania in cerca di fortuna, portando con loro solo il figlio più piccolo, Pietro, lasciando lei, “la picciridda” a Leto, piccolo centro della costa messinese, con la nonna Maria. Tra nonna e nipote nascerà così un rapporto forte e indissolubile: un rapporto di affetto sincero e di fiducia reciproca che è uno dei punti forza di questo romanzo come di molti altri libri di Catena Fiorello. |