Maria Listru è fillus de anima di Bonaria Urrai, affidata in tenera età alla donna, sarta benestante e nubile dell’immaginario borgo sardo di Soreni. Maria è una bimba curiosa dal carattere sveglio sebbene sia la quarta figlia di una modesta famiglia con a capo Anna Teresa, vedova dall’indole amara e rassegnata, che a fatica riesce ad occuparsi di lei. Tzia Bonaria, al contrario, è capace di intravedere le potenzialità di questa piccina intraprendente al punto di appropriarsi sotto gli occhi di tutti di una manciata di ciliegie in una bottega frequentata dalla madre biologica senza avvertire nessun tipo di senso di colpa per questo. A suo modo l’anziana le offre una possibilità concreta di crescere ed evolversi, grazie soprattutto alla sua disponibilità economica ma anche alla saggezza e all’apertura mentale di cui dispone differentemente dalle altre donne di famiglia, oltre a insegnarle il mestiere di sarta da essa esercitato. Maria, a differenza della sua vera madre e delle sorelle, gode quindi del privilegio di continuare ad andare a scuola ed è per questo incentivata da Bonaria che non vuole assolutamente che ella debba condurre un’esistenza fatta di stenti, pur insegnandole a vivere secondo principi di vera e concreta umanità. Maria cresce accompagnata dall’amicizia di Andrìa (sentimento che poi si tramuterà in lui in amore non corrisposto) con cui condivide tutti i momenti più salienti della sua giovane vita. A seguito di un drammatico evento la protagonista verrà a conoscenza della doppia attività di accabadora condotta da Tzia Bonaria; un’informazione che la ragazza di rifiuta di accettare tanto da decidere di staccarsi dalla madre putativa per andare a lavorare, grazie alle referenze della sua maestra elementare, in una ricca famiglia torinese, cercando nell’arco della traversata che la porterà a Genova, di dimenticare i propri trascorsi familiari. Una fuga in piena regola che non la metterà al riparo dalle successive vicissitudini. Michela Murgia inquadra con grande lucidità non scevra da empatia l’entourage familiare e paesano della ragazza collocandolo in una Sardegna ancestrale ma non per questo scollata dalla quotidianità dell’epoca in cui ogni cosa accade secondo un flusso solo all’apparenza predefinito in cui, al contrario, al singolo è data comunque la possibilità di emanciparsi senza per questo rinunciare alle proprie radici. La scrittura è veloce e coinvolgente offrendo una prova magistrale, priva di inutili fronzoli o prolissità, della grande capacità narrativa dell’autrice che con la precisione di un ottimo chirurgo arriva sempre con esattezza e obiettività al nocciolo della questione. Parlando di grandi tematiche come l’eutanasia, il senso di appartenenza familiare al di là di logiche ricondotte tout court a questioni di sangue e null’altro che farà la fortuna anche di altri narratori in seguito, l’importanza per un individuo di incontrare al momento giusto e nel posto giusto una persona che possa illuminarlo nel prosieguo dei giorni con imparzialità e lungimiranza portandolo a un tipo di riflessione e azione scevre da qualsiasi tipo di imposizione.
Lucia Guida
Michela Murgia, Accabadora, ISBN 9788806221898, € 11,00